Raccogliere una manciata di panni lavati intricata e instabile; sistemare lo stendipanni verso corretta esposizione solare; sorprendersi per una bugia di vento marino che sembra arrivare fin qui.
La stenditura non è un atto materiale come sembra in apparenza, ma un esercizio spirituale. Un rimasuglio di maschilismo mi aveva invece sempre portato a guardare con meraviglia la traslazione magica lavatrice-armadio dei panni lavati. Poi una serie di minacce amorose ha reso inevitabile fare i conti con la questione “lavanderia”, e con il trascurato orpello della stenditura. Era una faccenda che ormai andava affrontata in prima persona. Così, eccoci qua sul terrazzo alle sei e mezza del mattino, a guardare le villette a schiera addormentate tutte uguali; nessuno ancora in giro e quasi impercettibile il rumoreggiare bianco e piatto dell’autostrada.
La stenditura, affinché diventi ristoro efficace per l’intelletto, va assolutamente sbrigata di prima mattina e dev'essere una pratica solitaria, per consentire ai pensieri intorpiditi di snocciolarsi uno dopo l’altro, di proiettarsi in avanti nella programmazione rettilinea del giorno. Dopo, ogni cosa si guasta. Bisogna uscire, buttarsi nel traffico, la metro poi è una camera a gas collettiva: e i pensieri poco prima ordinati si spiegazzano tutti, si confondono, spariscono nell’irrompere confuso della realtà.
Questa mattina il lungomare era spazzato da una tramontana gelida e diagonale. Mura feroci d’aria disumanizzavano il paesaggio; sembravano resistere soltanto i lampioni stile liberty – esili triarti levati in aria a offrire resa spontanea – : la massa ventosa si frangeva poi nel labirintico e compatto corpo di Bari. Una luce candida e vitrea dava alla scena un senso di magica reticenza: tutto fermo, confuso e sospeso. La spiaggia diffondeva sabbia a ondate, che s’innalzavano oltre le spalliere in sbuffi vaporosi, appananti la prospettiva del lungomare: là in fondo la curva marina della città si perdeva nel lucore abbacinante. I negozi chiusi, le macchine avanzanti al rallentatore. Quasi sentivo di trovarmi a camminare in mezzo ai condomini affacciati sul torbido Adriatico da un tempo indeterminato. Ma da quella visione il desiderio – al limite del dolore – di non voler abbandonare quei luoghi, la certezza che l’abbandono di quel mare, di quei palazzi alti tozzi e fascisti, mi avrebbe reso come orfano di una parte dell’anima. Sentire la mancanza di un luogo significa provarne la vera appartenenza. Quella mattina, soltanto il silenzio e il vento abitavano le strade della Madonnella.